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Archivi categoria: Crocifisso nei luoghi pubblici

Luoghi di preghiera nell’Università di Barcellona? L’80% è favorevole.

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A causa di proteste da parte dei rampolli del laicismo, all’Università di Barcellona si sta discutendo se sia lecito o meno che all’interno dell’Università di Barcellona ci sia spazio per la religione. Un sondaggio del quotidiano El Pais ha chiesto ai lettori di rispondere a questa domanda: «Siete d’accordo che ci siano cappelle cattoliche nelle università pubblica?». L’80% ha risposto di essere favorevole (vedi i risultati). Alcuni studenti, per reazione, hanno tentato di bloccare l’accesso all’Università ai cristiani e cattolici, cercando anche di impedire la celebrazione della Messa. Sono così comparse delle guardie di sicurezza vicino all’ingresso della cappella della facoltà di Economia. L’Università di Barcellona ha rilasciato un comunicato nel quale spiega che «dal 1979, di comune accordo col consiglio di direzione, l’Università ha contribuito a realizzare un centro di assistenza e di formazione religiosa. Nel 1988 ha sottoscritto un contratto con l’Arcidiocesi con il quale si prevede l’utilizzo di luoghi di culto». Luoghi di preghiera per gli studenti che lo desiderano sono d’altraparte presenti nelle più importanti università del mondo (Harvard, Oxford, Cambridge, New York University ecc..).

 

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    I sindaci più amati dagli italiani sono tutti per il crocifisso nelle aule scolastiche.

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    Appartengono a due schieramenti opposti, uno del Pd e l’altro della Lega, eppure il fiorentino Matteo Renzi e il veronese Flavio Tosi sono i sindaci più amati dagli italiani. Lo rivela l’indagine Monitor Città di Fullresearch. Libero rivela che anche il primo cittadino di Roma, Gianni Alemanno, in sei mesi scala la classifica partendo dal 22mo e arrivando terzo e registrando un consenso pari al 64,2% e un +5,7 a pari merito con il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, che perde l’1,8. La prima donna in classifica è Letizia Moratti, sindaco di Milano, al 27mo posto, con un gradimento del 55%.
    Tutti i sindaci citati, di destra e di sinistra, hanno tutti avuto modo di esprimersi criticamente sulla sentenza della Corte Europea, ponendosi a difesa della presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. Tutti senza trovare la benché minima contraddizione con la laicità dello stato. I sindaci più amati dalla popolazione italiana promuovono quindi un principio di laicità, molto diverso da quello che le sette imbevute di laicismo fanatico vogliono imporre, lo stesso tipo di laicità che la gran parte dei cittadini italiani (ed europei) si augura. Vediamo cosa hanno dichiarato:

    Matteo Renzi: il sindaco di Firenze ha così commentato la sentenza della Corte Europea: «Eliminare i crocifissi perchè non tutti sono cattolici mi pare un ragionamento di basso profilo. Per quanto riguarda il riferimento alla Costituzione è quello lo spirito che ci fa affiggere negli uffici pubblici le foto del Capo dello Stato. Comunque il crocifisso rappresenta la storia condivisa e la tradizione di questo popolo. Se fossi un uomo di chiesa mi preoccuperei piuttosto di appurare quanto, del messaggio di Cristo, arriva alla nostra società» (da Regione Toscana.it). Il sindaco di Firenze aveva abbandonato l’aula del consiglio comunale quando il suo gruppo politico ha approvato l’istituzione dei registi per il testamento biologico. Mentre in occasione della presentazione del libro di Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, aveva dichiarato: «Con Gesù e con la Chiesa bisogna farci i conti con uno sguardo libero, laico, facendo i conti con un fatto storico: è un antidoto alla semplificazione, a cogliere ogni cosa come ingerenza. La Chiesa è incontro con Cristo ed è bella la Chiesa che mette al centro Gesù di Nazaret, quando si coltiva nel tempo, per riprendere i termini di un gesuita citato da Ratzinger, attraverso la costante fedeltà e l’adorazione mai tradita» (da Zenit.it).

    Flavio Tosi. Il sindaco di Verona si è più volte espresso sulla questione crocifisso. Ad esempio ha dichiarato di non avere nel suo ufficio nel municipio la foto del presidente della Repubblica ma quella di Benedetto XVI a fianco di un crocifisso. Ha spiegato: «La fede cattolica e la croce mi accompagnano nelle scelte fin dall’infanzia, non vedo il motivo per cui non dovrei assorbirne il beneficio proprio nel luogo in cui lavoro» (da QN.it). Ha inoltre ospitato a Palazzo Barbieri una delegazione di 60 sindaci toscani firmatari di un documento contro la decisione della Corte Europea (da Il Corriere della Sera).

    Gianni Alemanno. Il sindaco di Roma ha commentato così la sentenza europea: ««Sono veramente esterrefatto da questa sentenza assolutamente folle. Mi auguro che il governo italiano reagisca con la massima durezza. Su queste cose non si gioca, bisogna essere molto seri. Il crocifisso va difeso nelle aule scolastiche e negli edifici pubblici» (da L’Unico.it).

    Sergio Chiamparino. Il sindaco di Torino ha invece dichiarato: «In Italia il crocifisso appartiene ad una storia che lo fa essere parte integrante dei fondamenti della nostra cultura e della nostra tradizione». Chiamparino ha poi sottolineato che «si tratta di una sentenza europea. L’Italia e’ l’Italia – ha detto- gli altri Paesi europei sono un’altra cosa» (da Associazione Nazionale Comuni Italiani).

    Letizia Moratti. Il sindaco di Milano, in seguito alla sentenza europea, ha disposto che il crocifisso venisse inserito in tutte le aule delle scuole di Milano che ne erano sprovviste. Ha dichiarato: «Mi sembra doveroso assicurare che il crocifisso venga esposto nelle aule scolastiche a testimonianza della profonda radice cristiana del nostro Paese e di tutta l’Europa. Ecco perché, nei prossimi mesi il ministero disciplinerà in maniera chiara e certa l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche».

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    37 professori di diritto scrivono alla Corte Europea in difesa del crocifisso (30/5/10)

    Sentenza Corte Europea: altri dieci Stati ufficialmente a favore del crocifisso.

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    Sono divenuti venti i Paesi dell’Europa, che con un gesto senza precedenti, si sono uniti all’Italia, nel suo ricorso alla sentenza contro l’esposizione del crocifisso nelle scuole pronunciato il 3 novembre da una camera della seconda sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo. Dal suo osservatorio privilegiato di Strasburgo, il direttore del Centro europeo per la legge e la giustizia (Eclj), Grégor Puppinck, viene intervistato da Avvenire. «Appare ogni giorno più chiaro che è stata ottenuta una vittoria considerevole contro le dinamiche della secolarizzazione. Se l’Italia non ha ancora conseguito il suo obiettivo da un punto di vista giuridico, di fatto ha riportato politicamente una vittoria assai significativa. Infatti, a oggi, non sono meno di venti i Paesi europei che hanno dato il loro sostegno ufficiale alla legittimità della presenza del simbolo cristiano nei luoghi pubblici e specialmente nelle scuole». La stampa si era fermata a dieci: Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Monaco, Romania, San Marino e Russia. La Lituania per esempio non ha esitato a fare un parallelo tra la sentenza Lautsi e le persecuzioni religiose che ha subito e che si manifestavano, come è noto, con il divieto dei simboli religiosi. L’esperto spiega: «In un primo momento dieci Stati sono entrati nel caso Lautsi come “terzi interventori”. A questi primi dieci Paesi si sono aggiunti, finora, i governi di Albania, Austria, Croazia, Ungheria, Moldavia, Polonia, Serbia, Slovacchia e Ucraina . Questi Stati hanno pubblicamente messo in discussione la sentenza della Corte e domandato che le identità e le tradizioni religiose nazionali siano rispettate. Molti governi hanno insistito sul fatto che questa identità religiosa è all’origine dei valori e della unità europea». Quindi su 47 Stati membri del Consiglio d’Europa, aggiungendo l’Italia, già quasi la metà degli Stati si è opposta a questo tentativo di secolarizzazione, di scristianizzazione forzata delle scuole. Prima di chiudere con altre considerazioni geopolitiche, il direttore del Centro Europea libertà e giustizia dichiara: «Questi Stati hanno di fatto anche difeso il loro radicamento in Cristo, perché è conforme al bene comune che Cristo sia presente ed onorato nella società». Non si può fare altro allora che ringraziare di tutto cuore la singora Lautzi e tutta la combriccola che le sta dietro!!

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    37 professori di diritto scrivono alla Corte Europea in difesa del crocifisso (30/5/10)

    L’ebreo Weiler ha difeso così il crocifisso alla Grande Camera.

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    Abbiamo sintetizzato l’ottimo intervento dell’ebreo Joseph Weiler, professore di diritto presso la New York University e professore Onorario presso la London University, il quale ha rappresentato i Governi di Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Federazione Russa e San Marino presso la Grande Camera, in favore del crocifisso (altri Stati che sostengono ufficialmente sono: Ucraina, Moldova, Albania e Serbia). Ecco i 10 punti salienti del suo discorso:



    1. La formulazione della “neutralità” dello Stato, che pretende l’imparzialità rispetto alle convinzioni religiose o dei modi d’esprimere quelle convinzioni (crocifisso), è basata su due errori concettuali che sono fatali per le conclusioni.

    2. Primo errore: imporre la laicitè per ogni Stato.
    L’obbligo di imparzialità dev’essere contro-bilanciato da grande libertà quando si tratta della religione o dell’eredità religiosa nell’identità collettiva della nazione e nella simbologia dello Stato. In Francia, ad esempio, la laïcité è parte della definizione di Stato e non si può proporre un simbolo religioso in uno spazio pubblico. Ma nessuno Stato ha l’obbligo ai sensi della Convenzione di abbracciare la laïcité.

    3. In Inghilterra vi è una Chiesa di Stato, il cui Capo dello Stato è anche Capo della Chiesa. I leader religiosi sono anche membri d’ufficio del Legislativo, la bandiera fa mostra della Croce e l’Inno nazionale è una preghiera a Dio di salvare il Monarca, e di dare a lui o a lei la Vittoria e la Gloria. Sembrerebbe così violare le strettoie poste dalla Camera, perché come si farebbe a non dire che con tutti quei simboli non vi sia un certo tipo di valutazione circa la legittimità di un credo religioso?

    4. In Europa, la Croce è l’esempio più visibile, apparendo su innumerevoli bandiere, crinali, edifici, ecc. ecc. Sarebbe sbagliato sostenere, come alcuni hanno fatto, che la croce è solo o meramente un simbolo nazionale. È tutti e due – data la storia, parte integrante della identità nazionale di molti Stati europei. Lo stesso disegnatore della bandiera europea ha dichiarato che le 12 Stelle sono ispirate dal mantello della Vergine Maria.

    5. L’immagine della Regina d’Inghilterra appesa in classe ha un significato duplice, come la Croce: è l’immagine del Capo di Stato e quella del Capo titolare della Chiesa d’Inghilterra. È quasi come il Papa, che è sia Capo di Stato, sia Capo di una chiesa. La foto della Regina non deovrebbe essere appesa nelle scuole per il fatto che non è compatibile con le convinzioni religiose e il diritto di educazione? Potrebbero la Costituzione irlandese, o quella tedesca non stare appese in una classe o non venire lette in classe, dal momento che nei loro Preamboli troviamo un riferimento, nella prima, alla Santa Trinità e a Gesù Cristo Divino Signore, e, nella seconda, a Dio? Può lo studente ateo chiedere che nessuno canti l’inno nazionali inglese God save the Queen?

    6. E’ compito di uno Stato liberarsi dei simboli religiosi, non di questa egregia Corte, e la Convenzione non è mai stata di certo interpretata come per forzarli a farlo. L’Italia è libera di scegliere di essere laïque. Il popolo italiano può democraticamente e costituzionalmente scegliere di avere uno Stato laïque e non è una questione per questa Corte se il crocefisso sui muri sia compatibile o meno con la Costituzione italiana, bensì per la Corte italiana. Ma il ricorrente, la Sig.ra Lautsi, non vuole che questa Corte riconosca il diritto dell’Italia di essere laïque, ma imporglielo come dovere. Questo non trova un fondamento nel diritto.

    7. Il messaggio di tolleranza verso l’altro non dev’essere tradotto in un messaggio di intolleranza verso la propria identità, e l’imperativo giuridico della Convenzione non deve obbligare uno Stato a spogliarsi di una parte della sua identità culturale solo perché le espressioni di tale identità possano essere religiose o d’origine religiosa. La posizione adottata dalla Camera non è un’espressione del pluralismo proprio del sistema della Convenzione, ma è una espressione dei valori dello stato laïque. La decisione della Camera ha rovesciato un equilibrio che ha servito bene l’Europa nei passati 60 anni.

    8. Secondo errore: sovrapposizione confusa, pragmatica e concettuale, tra laicismo [secularism], laïcité e neutralità. La laïcité, non è una categoria vuota che significa assenza di fede, è una posizione politica, rispettabile, ma certamente non “neutrale”. La laïcité vuole uno spazio pubblico denudato, un muro in classe privo di ogni simbolo religioso. È giuridicamente disonesto adottare una posizione politica che divide la nostra società, e pretendere che in qualche modo sia neutrale. Nei Paesi bassi o nel Regno Unito, lo Stato finanzia scuole pubbliche laiche, e nella stessa misura, scuole pubbliche religiose. Il secolarismo non è una scelta neutrale.

    9. Esempio: Marco e Leonardo sono due amici che stanno cominciando la scuola. Leonardo va a trovare Marco a casa sua, dove nota un crocefisso. Leonardo ritorna a casa agitato e la mamma gli spiega che la famiglia di Marco è religiosa, al contrario della sua. Il giorno dopo, Marco va a casa di Leonardo, nella quale non c’è il crocifisso. Marco ritorna a casa agitato e la mamma gli spiega che la famiglia di Leonardo non è religiosa, al contrario della sua. Il giorno dopo entrambi i bambini vanno a scuola. Se c’è un crocefisso, Leonardo tornerà a casa agitato: «La scuola è come la casa di Marco. Sei sicura, mamma, che vada bene non avere un crocefisso?». Ma se i muri sono vuoti, sarà Marco a tornare a casa agitato: «La scuola è come la casa di Leonardo, sei sicura mamma che abbiamo bisogno del crocifisso?». Ancora più allarmante sarebbe una situazione in cui i crocefissi, che stavano sempre là sul muro, di colpo venissero rimossi. Un muro denudato per mandato statale è una chiara posizione non neutrale, è anti religiosa. Allo stesso modo, un crocefisso sul muro potrebbe essere percepito come coercitivo. C’è quindi bisogno di tenere conto della realtà politica e sociale dei diversi luoghi, della sua demografia e della sua storia: l’Italia senza crocefisso non è più l’Italia. Così l’Inghilterra senza God Save the Queen.

    10. Non vale quindi una regola per tutti, come ha deciso la Seconda Camera, priva di un contesto storico, politico, demografico e culturale. Essa mina al pluralismo, alla diversità e alla tolleranza, marchio dell’Europa.

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    Attivista ateo per i diritti umani: «il crocifisso deve restare» (30/6/10)
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    Anche 10 Stati Europei difenderanno il crocifisso davanti alla Grande Camera (3/6/10)
    37 professori di diritto scrivono alla Corte Europea in difesa del crocifisso (30/5/10)

    Gli Stati pro-crocifisso alla Grande Camera hanno subito l’ateismo di Stato.

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    Quando l’ateismo alza la voce è sempre controproducente: la battaglia dell’UAAR contro il crocifisso, ne ha moltiplicato la presenza nelle scuole (cfr. Ultimissima 21/6/10) e nelle Nazioni in cui ha dominato l’ateismo di Stato si è sviluppato un abbraccio stretto al cristianesimo. Infatti, durante la recente presentazione del ricorso italiano alla Grande Camera Europea contro la sentenza della Corte che vietava l’esposizione del crocifisso, hanno partecipato, a favore del simbolo religioso, anche 10 Stati membri dell’Unione Europea. Una cosa inaudita e mai accaduta nella storia. L’avvocato Nicola Lettieri, difensore della posizione italiana, ha dichiarato ad Avvenire: «Non è un caso se la “contestazione politica” delle tesi della ricorrente [l’atea militante Soile Lautsi], e alla sentenza di novembre contro l’esposizione del crocifisso nelle scuole italiane, vengono in gran parte da Paesi che hanno duramente sofferto dell’ateismo di Stato». Ancora adesso, paesi come la Cina e la Corea del Nord stanno soffrendo terribilmente a causa dell’imposizione dell’ateismo governativo. La contraddizione della sentenza è che si voglia evocare surrettiziamente la “libertà religiosa” per negare la “libertà religiosa”, «Un gioco di prestigio che non può riuscire contro Paesi che portano ancora le ferite della persecuzione contro il culto. Ci si deve ricordare che i principi richiamati nel dibattimento sono stati introdotti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo proprio a difesa di quelle nazioni». E anche che la stessa Consulta, nella citata sentenza, specifica che la laicità tanto proclamata non è indifferenza dello Stato alle religioni.

    Alcuni degli stati presenti al ricorso a favore del crocifisso sono: Armenia (inglobata dall’Unione Sovietica dal 1936 al 1991, la quale ha imposto l’ateismo di Stato), Bulgaria (ateismo governativo dal 1944 al 1989, vedi le persecuzioni e i crimini avvenuti solo in quel periodo), Lituania (inglobata nell’Unione Sovietica, che impose l’ateismo di Stato, dal 1940 al 1991), Romania (imposto l’ateismo di Stato dal 1945 al 1989, guarda i terribili crimini avvenuti proprio in quel periodo), e infine la Russia (governata e distrutta prima dall’ateo Lenin e poi da Stalin, due delle persone più schifose della storia, i quali hanno perseguitato le religioni e scristianizzato totalmente la Nazione -senza riuscirci, come si è dimostrato-, abolendo il Natale e le Chiese, e imponendo l’ateismo di Stato dal 1938 al 1990. Proprio in questo periodo sono avvenuti i più crudeli fatti che l’umanità abbia mai visto: vedi Wikipedia).

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