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Il rettore di Oxford: «impariamo dal messaggio cristiano del Natale»

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Il rettore dell’Università di Oxford, Christ Patten, ha scritto un articolo sul Natale, pubblicato solo in questi giorni su La Stampa. Parla dei fondamentalisti atei, Richard Dawkins e Christopher Hitchens, e quelli delle altre religioni. Le cita tutte, dagli evangelici ai musulmani, dagli ebrei ai totalitarismi atei. Se si presta attenzione all’articolo, non vengono citati i fondamentalisti cattolici, semplicemente perché non ne esistono. Patten inizia dicendo: «È stato un anno migliore per Dio. Dopo i pesanti attacchi letterari all’Onnipotente da parte dell’accademico di Oxford Richard Dawkins, del saggista Christopher Hitchens e di altri, i credenti hanno avuto la loro rivincita. Meglio di tutti è stato The Case for God della brillante scrittrice Karen Armstrong. Ancora più importante è la notizia che sempre più persone (almeno in Gran Bretagna) stanno frequentando le chiese cristiane di tutte le confessioni. Inoltre, il Papa in settembre ha visitato la Gran Bretagna ed è stato un successo. In questo periodo dell’anno, ovviamente, molti cristiani che non vanno in chiesa regolarmente vanno a messa per Natale. Le canzoni natalizie, le campane e i presepi sono ancora al centro delle feste di mezzo inverno, accanto all’onda consumistica. Anche nelle famiglie più senza Dio, nelle società occidentali la maggior parte dei bambini probabilmente conosce i dettagli della storia di Natale». Patten accusa poi i cristiani che rimangono attaccati ad un’interpretazione letterale dei Vangeli e giustifica così l’attacco da parte degli atei. «Un vecchio con la barba lunga veglia su di noi, e molti di noi conservano un’idea piuttosto letterale delle storie su suo Figlio raccontate nel Nuovo Testamento. È questo Dio che gli atei come Dawkins e Hitchens attaccano. E, con un tale obiettivo, non è molto difficile fare colpo e buttarla sul ridicolo. Lasciamo da parte il fatto che si può colpire in modo ancora più duro l’ateismo – ricordando le atrocità dei totalitarismi atei nel ventesimo secolo – e consideriamo l’offensiva contro coloro il cui attaccamento l’interpretazione letterale dei testi religiosi implica la negazione della scienza e della ragione. Per loro il mondo è stato fatto in sei giorni, l’evoluzione è un racconto di fantasia. Quelli di noi che pensano che scienza e religione regnino su mondi diversi e ricordano come Socrate sostenesse che la scienza non dice nulla sulla morale o sul significato, trovano che la nostra causa è minata dai letteralisti e dai fondamentalisti di ogni religione. L’attacco degli atei è spesso corretto là dove consiste nel sottolineare la quantità di danni fatta al nostro mondo da parte di questo genere di fondamentalisti». E qui parte l’elenco dei vari fondamentalisti di ogni religione, tranne quella cattolica. Wikipedia definisce il rettore di Oxford un «cattolico romano». L’articolo appare comunque un pò sincretista, anche se è interessante la chiusura: «Per un anno nuovo felice, dobbiamo ascoltare i messaggi che sono il cuore di tutte queste grandi religioni, soprattutto la regola di non dovremmo mai fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi. Questo è il messaggio più importante per tutti, atei compresi, che si possa ricavare dal racconto cristiano del Natale».

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    Philip Skell, pionere della chimica carbene: «la moderna teoria di Darwin è poco utile all’evoluzione».

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    Il 21 novembre 2010 la scienza ha perso un’importante e coraggiosa voce. Si tratta del chimico Philip Skell, membro della US National Academy of Sciences (NAS) e dal 1977 Professore Emerito alla Pennsylvania State University. Il suo lavoro, si legge sul sito del Discovery Institute, si è concentrato sullo studio delle molecole carbene e per questo è stato più volte chiamato il “padre della chimica carbene“. Con il passare degli anni è diventato uno scettico dell’evoluzione neo-darwiniana, l’argomento più ideologicamente strumentalizzato della storia in chiave antireligiosa. E’ ormai rimasto l’unico baluardo dell’ateismo scientifico, ma nel corso degli anni celebri evoluzionisti (oltre ai fautori dell’insensato “creazionismo”) se ne stanno sempre più discostando. Anche Skell non ne negà mai la fattualità, ma la sua posizione principale si riassume nell’inutilità del darwinismo. Il chimico si chiese se l’evoluzione darwiniana, cavallo di battaglia per personaggi come Dawkins e Dennet, era davvero fondamentale per la sua ricerca nello sviluppo di farmaci antibiotici. Paragonandosi con molti altri bioscienziati rilevò che nessuno di loro aveva fatto affidamento all’evoluzione darwiniana nel loro lavoro. Ha così pensato di indagare la storia dei Premi Nobel, non trovando un solo vincitore per il quale l’evoluzione darwiniana aveva direttamente dettato le ricerche. In un articolo del 2005 pubblicato su The Scientist, Skell ha reso noti i risultati di un sondaggio svolto fra 70 scienziati di media-alta importanza, ai quali veniva posta la domanda se la teoria di Darwin guidasse realmente la loro ricerca. «Le risposte erano tutte uguali: No». Skell dichiarò che in molti settori della ricerca biologica «la teoria di Darwin non aveva fornito alcuna indicazione percettibile ma veniva accolta come un racconto d’interessante brillantezza». Disse inoltre: «La forma moderna della teoria di Darwin non fornisce un euristica feconda nel campo della biologia sperimentale. Questo diventa particolarmente evidente quando ci si confronta con il modello atomico. Niente di tutto questo dimostra che il darwinismo è falso, tuttavia ciò signfica che quel che si vuol far passare come la pietra miliare della moderna biologia sperimentale sarà accolta con tranquillo scetticismo da un numero crescente di scienziati impegnati in campi in cui le “pietre miliari” devono poi dimostrarsi realmente innovazioni tangibili». E’ possibile consultare un articolo di Skell su The Scientist. Verso fine novembre l’Università di New York ha pubblicato un articolo sul suo sito in cui affermava: «la teoria di Darwin non è più sostenuta dalla geologia» (vedi Ultimissima 19/11/10).

     

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