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«Io, atea, sostengo la fede e la religione».

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La religione atea ha mille e mille versioni disunite le une dalle altre, sfaccettature, punti di vista e credi (e non credi) differenti. Quello che segnaliamo oggi è uno dei più particolari. Sul quotidiano dell’Università di Cambridge, chiamato Varsity, è apparso un articolo molto interessante. Inizia così: «Io sono un atea. Ma lasciate che vi dica che io mi definisco una fan della fede. Ai miei occhi, forse ancor più che agli occhi di chi ha fede, la religione occupa una posizione ideale presso l’altare della vita moderna». L’autrice è Emily Marchant, ed è lei che aiuta a dimostrare ancora una volta che l’ateismo, essendo basato completamente su un credo personale, su una sensazione soggettiva, su un puro stato emotivo, è una religione assai frammentata e incompatibile nelle sue svariate versioni. Fa comunque piacere trovare nell’ateismo moderno delle persone ancora moderate ed equilibrate come la Marchant, che continua: «Ho trovato perfettamente possibile ammirare la religione senza abbracciarla, e questo è stato rafforzato dalle discussioni che ho avuto con gli amici religiosi». L’articolista riflette poi su una cosa veramente importante: «Uno degli argomenti più frequentemente usati per l’ateismo, per esempio, sono le tensioni politiche e sociali derivanti da posizioni estremiste all’interno di una religione. Ma questa argomento è fallace perché non riesce a riconoscere di essere esso stesso estremista. Al-Qaeda non è adeguata a rappresentare l’Islam nel suo complesso, e non ci si può basare su una setta fondamentalista per poi generalizzare. Sebbene la religione possa essere citata come una giustificazione per atti di terrorismo, occorre dire che è una scusa incompleta, poiché le radici del problema si possono trovare anche nel nazionalismo, nella differenza culturale e nella consapevolezza delle tensioni storiche». D’altraparte guardando ai totalitarismi atei del ‘900 (e oggi la situazione in Cina e Corea del Nord, stati ufficialmente atei), potremmo fare benissimo lo stesso ragionamento. La Marchant conclude: «Molte delle vere bellezze di questo mondo sorgono dalla religione, ed è per questo che darò sempre pieno sostegno alla fede. Se una posizione esistenziale può portare alla felicità per l’individuo, e può, soprattutto, fornire una consapevolezza globale dello splendore che vi è nella condizione umana, allora sono tutta per essa»


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    Femminista contro ateismo moderno: troppa aggressività = poche donne.

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    Sul National Times è apparso un articolo di Sarah McKenzie, scrittrice freelance e femminista. La donna se la prende con le religioni: credenti e atei. Ricorda come nella preghiera ebraica ortodossa gli uomini ringraziano Dio per non averli fatti nascere donne e come moltissime musulmane vengano quotidianamente maltrattate e umiliate. Infine cita il presunto posto di minor rilievo che le donne hanno nella Chiesa Cattolica. La scrittrice femminista passa poi alla religione atea e rivela il motivo per cui non ci siano donne atee di rilievo: il laicismo moderno è intimidatorio e aggressivo. Una donna, dice la McKenzie, «che osa essere aggressiva è spesso etichettata come arpia isterica. Non è degna di essere ascoltata e impossibile da prendere sul serio. Non mi stupisco che alle donne appaia riluttante dichiararsi atee militanti». Ma ormai il buon vecchio ateismo teorico e drammatico si è estinto e dobbiamo fare i conti con i suoi infervorati rimasugli. Per la femminista, sarebbe il caso di «promuovere un lato diverso di ateismo, che non sia rabbioso ma guardi avanti con speranza. Forse c’è spazio per un tipo di ateismo che non sia anti-religioso, ma guardi al problema di come vivere, di come trovare significato e come porre fine alla sofferenza». Infine la scrittrice ricorda anche che «molti atti di violenza contro le donne nella storia sono stati perpetrati anche da non credenti».



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